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Recensione a cura della tirocinante Lisa Di Gianvincenzo

 

Questa è la storia di Charlie, un osservatore silenzioso, un liceale tanto timido quanto intelligente. Al centro del racconto c’è il profondo e sincero legame che nasce tra il protagonista e due ragazzi dell’ultimo anno, Sam e Patrick. Grazie a loro Charlie farà una serie di nuove esperienze, dalle prime feste al primo bacio. Nella parte conclusiva della storia, il protagonista, dopo aver salutato Sam e Patrick, in vista della loro partenza per il college, perde la serenità appena raggiunta. Vecchi traumi tornano in superficie, come il suicidio del suo migliore amico e gli abusi subiti durante l’infanzia, ad opera della defunta zia.

Il film tratta una tematica per niente scontata e ancora poco esplorata: la “pedofilia al femminile”. Siamo soliti associare al femminile la funzione di cura e accudimento del bambino, eppure si tratta di un fenomeno più diffuso di quanto si possa pensare.

La donna abusante, nella maggior parte dei casi, e quello di Charlie non fa eccezione, è una donna che infligge ad altri le ferite a cui lei stessa è stata sottoposta in passato. L’abuso è l’unico modello relazionale che conosce. Ciò che più colpisce è l’invisibilità dell’abuso agito dal sesso femminile. Nel caso specifico, ci troviamo di fronte ad una zia che riveste, ancor prima dell’agito abusante, un ruolo centrale all’interno della sfera affettiva del bambino. Dunque, non ha necessità di guadagnarsi la sua fiducia e/o il suo silenzio, ragion per cui può agire indisturbata, perpetuando l’abuso per anni (Petrone & Troiano, 2005).

Le vittime preferite da queste donne sono bambini con scarsa autostima e scarsa fiducia in sé stessi. Ancora una volta, il caso di Charlie non fa eccezione. Mentre la donna abusante soddisfa il suo bisogno di affermare il potere sull’altro, il bambino riceve cura e protezione. Attraverso piccole attenzioni e gesti affettuosi, la donna pedofila stringe un legame forte e duraturo con la vittima. Il bambino ha di lei un’immagine idealizzata, che lo porterà a giustificare tutti i suoi comportamenti. La relazione di tipo erotico viene percepita dalla vittima come inadeguata, ma rinunciarvi vorrebbe dire perdere l’amore di quella persona. Il bambino a questo punto, sembra non avere scelta, preferisce sacrificare sé stesso, pur di non rinunciare a quell’immagine tanto idealizzata. L’abusato diventa incapace di sentirsi vittima. Ha difficoltà ad attribuire la colpa ad una persona che è gentile e premurosa con lui, tanto da autocolpevolizzarsi, sentendosi, in qualche modo, responsabile di quanto gli sta accadendo. Sviluppa così, un forte disprezzo verso sé stesso (Petrone & Troiano, 2005).

Ma non è tutto. Il bambino vittima di abuso vive costantemente travolto da sentimenti quali: angoscia, derivante dalla consapevolezza che gli abusi si ripeteranno; depressione e solitudine, essendo l’unico custode di un segreto che non può essere rivelato; rabbia, che si traduce in violenza auto o eterodiretta; colpa, che lo fa sentire inadeguato in ogni situazione. Convivere con emozioni così intense diventa talmente doloroso per la vittima che, inconsapevolmente, mette in atto delle strategie difensive. La rimozione è la più comune, nonché antidoto al dolore Charlie. La vittima rimuove completamente il ricordo del trauma, che non perde la sua continuità, tornando a galla attraverso psicopatologie di grave entità.

Come nel caso di Charlie, la vittima alterna atteggiamenti che oscillano tra aggressività e passività, ha una scarsa autostima e poca fiducia nell’altro. Nel film, il vissuto traumatico del protagonista riemerge soltanto nelle scene conclusive. Altre strategie difensive sono: la negazione, per cui l’abusante non viene percepito come tale; l’identificazione con l’aggressore, attraverso cui l’impotenza percepita viene sostituita da sensazioni di potere e onnipotenza; la scissione, meccanismo che genera due immagini contrapposte dell’abusante, una cattiva e l’altra buona e idealizzata; l’idealizzazione, in cui la visione positiva che la vittima ha dell’abusante non è sorretta da prove; il distanziamento affettivo, attraverso cui l’evento traumatico viene privato di qualsiasi connotato affettivo. L’uso prolungato e ripetuto di tali meccanismi difensivi può causare gravi disturbi psicologici come disturbi di personalità, disturbi d’ansia, depressione e abuso di sostanze, condotte autolesive e condotte suicidarie (Petrone & Troiano, 2005).

Il film si conclude con un tentativo di suicidio, un atto estremo e disperato che, per Charlie, rappresenta l’unica via d’uscita dalla sofferenza. Una sofferenza che viene rappresentata in maniera cruda e realistica. Rappresentazione fedele di una tematica tanto importante quanto sottovalutata. Questa è la storia di Charlie. Questa è la storia di tanti.

 

Bibliografia:

• Petrone, L., & Troiano, M. (2005). E se l’orco fosse lei? Strumenti per l’analisi, la valutazione e la prevenzione dell’abuso al femminile. Con un nuovo test per la diagnosi. Franco Angeli.

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