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La marijuana è una sostanza psicoattiva derivata dalla pianta di cannabis, nota scientificamente come Cannabis sativa.
Una delle conseguenze più note dell’intossicazione da marijuana è la stimolazione dell’appetito, comunemente denominata “fame chimica”.

Il componente principale della marijuana è il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), che agisce sul recettore 1 dei cannabinoidi (CB1), modificando le funzioni neuronali. I recettori CB1 sono diffusi in tutto il cervello e il loro ruolo va oltre la semplice regolazione dell’appetito.

Un composto che blocca i recettori CB1, il Rimonabant, è stato sviluppato come soppressore dell’appetito. Tuttavia, i test clinici di tale composto sono stati interrotti a causa di effetti collaterali di natura psichiatrica. Questo fatto sottolinea l’importanza dei recettori CB1 in molteplici funzioni cerebrali, non limitandosi solo alla fame.

È rilevante comprendere le aree cerebrali in cui i recettori CB1 agiscono per stimolare l’appetito. Si è scoperto che sono associati ai neuroni in varie regioni cerebrali coinvolte nella ricerca del cibo, come l’ipotalamo. Alcuni effetti stimolanti dell’appetito del THC sono correlati a modifiche dell’attività neuronale in queste regioni. Inoltre, è stato sorprendentemente scoperto che parte della stimolazione dell’appetito è legata a un miglioramento del senso dell’olfatto, almeno nei topi, come evidenziato da una ricerca condotta da neuroscienziati in Francia e in Spagna.

Questi studi hanno dimostrato che l’attivazione dei recettori CB1 nel bulbo olfattivo aumenta la sensibilità agli odori ed è essenziale per l’aumento del consumo di cibo indotto dai cannabinoidi nei topi affamati. Ciò suggerisce un’interconnessione tra la percezione degli odori e l’appetito, che potrebbe essere un meccanismo rilevante anche negli esseri umani.

Gli odori attivano i neuroni nel bulbo olfattivo, trasmettendo quindi informazioni alla corteccia olfattiva. Quest’ultima invia a sua volta segnali di feedback al bulbo olfattivo, che modula l’attività olfattiva ascendente. Gli endocannabinoidi, prodotti naturalmente nel cervello durante il digiuno, regolano questo processo inibendo il rilascio di glutammato, un neurotrasmettitore coinvolto nella trasmissione degli stimoli olfattivi.

Non è ancora chiaro se la “fame chimica” derivi da un aumento del senso dell’olfatto negli utilizzatori di marijuana. Tuttavia, esperimenti semplici come mangiare con il naso tappato suggeriscono che gran parte del piacere derivante dal cibo sia legato proprio alla percezione degli odori. La marijuana, oltre a influenzare l’appetito attraverso l’attivazione dei recettori cannabinoidi nel cervello, potrebbe anche avere implicazioni sulla sfera della sessualità umana.

Alcuni studi suggeriscono che l’uso di marijuana potrebbe incidere sulla libido, sulla percezione del piacere sessuale e sulla riduzione dell’inibizione. Questi effetti potrebbero essere correlati alla stimolazione dei recettori cannabinoidi, che influenzano una serie di funzioni cerebrali, comprese quelle legate alla sessualità. Inoltre, il potenziamento sensoriale, come il miglioramento del senso dell’olfatto, potrebbe contribuire a un’esperienza sessuale più intensa e coinvolgente. Così come la percezione degli odori può influenzare l’appetito, potrebbe anche giocare un ruolo nella sfera sessuale, contribuendo a una maggiore sensibilità e piacere durante l’atto sessuale.

 

Tutor: Maurizio Leuzzi
Tirocinante: Ilaria Di Pasquale Benedetti

 

Bibliografia
Bear, F., Connors, B. W., & Paradiso, M. A. (2016). Neuroscienze Esplorando il Cervello (4th ed.). Masson.

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