Con il sempre maggior numero di interazioni attraverso le app di dating e i social network, è normale che le persone cerchino di mostrare i propri aspetti migliori, sia fisici che caratteriali, soprattutto se l’intenzione è quella di conquistare l’interlocutore. Ma una cosa è mostrare il meglio di sé, un’altra cosa è spacciarsi per qualcun altro. Questo fenomeno prende il nome di catfishing (dall’inglese catfish, tradotto letteralmente ‘pesce-gatto’), che consiste sul web nella creazione e nell’utilizzo di sockpuppet (profilo aggiuntivo rispetto a uno “reale” già utilizzato) o di un account con falsa identità da parte di una persona, definita ‘catfish’, allo scopo di raggirare altri utenti.
Il termine è in uso da diverso tempo, ma è salito alla ribalta nel 2010, attraverso il documentario Catfish di Henry Joost e Ariel Schulman, in cui si sosteneva che il termine derivasse da un espediente usato dai pescatori per trasportare i merluzzi vivi dall’Alaska alla Cina: a causa della lunghezza del viaggio e per far sì che i merluzzi arrivassero in buone condizioni a destinazione, venivano trasportati nelle vasche insieme a dei pesci-gatto. Così i merluzzi, infastiditi dagli altri pesci che mordevano loro la coda, rimanevano attivi, e quindi più freschi, fino all’arrivo a destinazione.
Da un “trucco” commerciale all’inganno in rete, l’evoluzione del catfishing deve molto a una trasmissione televisiva su MTV: lo show, ormai diventato un cult, è stato sviluppato a partire da un’esperienza vissuta dal suo autore e conduttore, Nev Schulman, che aveva scoperto che la donna con cui aveva una relazione online non era stata onesta nel descriversi. A seguito dei numerosi racconti e delle richieste di altre vittime, lo show è diventato un format a metà strada tra documentario e reality che si occupa proprio di confermare o smascherare chi si trova dall’altra parte dello schermo.
Il catfish spesso fa leva sulle insicurezze e le fragilità di chi riceve attenzioni e complimenti, rispetto a cui si sente vulnerabile e dipendente. La vittima finisce col sigillare un patto implicito con il simulatore, con l’obiettivo di far perdurare il più a lungo possibile lo stato di benessere, che non si pensa possibile sperimentare su un piano più realistico. Si innesca così una vera è propria dipendenza affettiva.
Una persona può essere spinta a creare un’identità sul web per differenti motivi, tra cui l’esigenza di evadere dalla routine, il desiderio di esplorare la sessualità in modi in cui non avrebbe il coraggio di viverla nella vita reale e di mettersi alla prova in ruoli e/o generi diversi dal proprio, la paura di non essere accettati per come si è, oppure il beneficio economico che si può trarre dalle truffe romantiche sotto forma di regali o di aiuti finanziari.
L’intenzione del catfisher non è certamente quella di impegnarsi in una relazione reale e nel suo agire non avverte le pressioni esercitate dai codici etici, morali e sociali, grazie alla disinvoltura con cui si relaziona sul web. Può addirittura provare piacere nell’ingannare la sua vittima. Il simulatore si trasforma proprio nel partner che la vittima desidera, giungendo all’illusione di vivere una relazione che non si potrebbe altrimenti sperimentare nella realtà.
Le conseguenze sulla vittima di catfishing, una volta riconosciuto il raggiro, sono, in genere, un senso di vergogna per essere caduti nella trappola, una sensazione di stupidità e di umiliazione, una riduzione della propria autostima fino ad arrivare a una maggiore sfiducia verso nuovi possibili legami interpersonali.
Tutor: Fabiana Salucci
Tirocinante: Filomena Giordano
Riferimenti
– https://psiche.santagostino.it/2019/09/05/catfishing-adescatori-sentimentali/
– https://www.thewom.it/lifestyle/love-sex/catfishing
– https://vociglobali.it/2022/04/20/catfishing-quando-linganno-in-rete-sfocia-in-truffa-o-adescamento/amp/