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Nel DSM-5 (APA,2013) la necrofilia viene descritta come “attrazione sessuale per i cadaveri” ed inserita all’interno della categoria “Disturbi Parafilici con Altra Specificazione” definiti come disturbi che “causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti [e] predominano ma non soddisfano i criteri per uno qualsiasi dei disturbi della classe diagnostica dei Disturbi Parafilici” (APA, 2013). Per disturbo parafilico si intende “qualsiasi intenso e persistente interesse sessuale diverso dall’interesse sessuale per la stimolazione genitale o i preliminari sessuali con partner umani fenotipicamente normali, fisicamente maturi e consenzienti” (APA, 2013).

Molto spesso i cadaveri utilizzati a scopo sessuale non sono freschi, ma piuttosto dissotterrati da tombe in stato putrefatto o mummificato. Alcuni preferiscono solo le ossa. I necrofagi in realtà si nutrono di cadaveri in decomposizione per ottenere piacere sessuale. Questi sono diversi dai cannibali, che preferiscono la carne fresca o che consumano i propri cari morti per scopi spirituali. La necrofilia è riscontrata soprattutto nei maschi. È possibile per un necrofilo avere normali rapporti sessuali con esseri viventi.
La necrofilia però è conosciuta fin dai tempi antichi.

Secondo Erodoto, gli antichi egizi presero precauzioni contro la necrofilia vietando ai cadaveri delle mogli di uomini di rango di essere consegnati immediatamente agli imbalsamatori, per paura che gli imbalsamatori li avrebbero violati. Secondo una leggenda, re Erode fece sesso con sua moglie Marianne per sette anni dopo averla uccisa.

La necrofilia era considerata dalla Chiesa cattolica né prostituzione (“fornicatio”) né bestialità, ma “inquinamento con tendenza a prostituirsi”. In tempi più recenti, la necrofilia è stata associata al cannibalismo e ai miti del vampirismo. Browne descrisse anche un “sano necrofilismo”, trovato nei “ricordi amati in ogni famiglia di coloro che sono morti.”

Nel 2009 A. Aggrawal, nel suo libro “Necrophilia: Forensic and Medico-legal Aspects”, propose varie categorie della necrofilia:
• “role player”: le persone appartenenti a questa categoria non mettono in atto comportamenti sessuali con i defunti ma provano eccitazione in tutte quelle situazioni nelle quali il partner finge di essere morto.
• “necrofilia romantica”: in questa categoria le persone non accettano la perdita di una persona amata. Queste tendono a conservare alcune parti del corpo così da continuare a relazionarsi con lei/lui come quando era in vita.
• “persone che hanno fantasie di tipo necrofilo”: coloro che si eccitano immaginando di avere un contatto intimo con una persona morta. Queste fantasie vengono alimentate attraverso la frequentazione di funerali, obitori e cimiteri.
• “persone con necrofilia di tipo tattile”: fanno parte di questa categoria coloro che si eccitano nel toccare persone defunte.
• “persone con necrofilia di tipo feticistico”: l’eccitazione è legata a specifiche parti del corpo della vittima che vengono prelevate e conservate.
• “persone con necromutilomania”: quando il piacere erotico viene stimolato dall’azione di mutilare un cadavere in associazione alla masturbazione. Spesso, essa si accompagna alla necrofagia, cioè mangiare le parti mutilate per ottenere ulteriore eccitazione.
• “opportunismo necrofilo”: questa categoria è formata da tutte quelle persone che mettono in atto comportamenti sessuali non pianificati con i defunti ma in passato non sembrano avere avuto tendenze necrofile.
• “necrofilia regolare”: coloro che pur avendo rapporti sessuali con persone vive, mostrano una preferenza erotica nei confronti dei morti e hanno fantasie e rapporti sessuali con questi ultimi.
• “omicidio necrofilo”: coloro che arrivano ad uccidere al fine di avere un rapporto sessuale con un defunto.
• “necrofilia di tipo esclusivo”: quegli individui che hanno esclusivamente rapporti sessuali con i defunti.

Il DSM-5 sostiene che esistono ben dieci diverse tipologie di necrofili, variando dal 1° al 10° livello in termini di gravità: al primo livello vi sono giocatori di ruolo che in realtà non hanno rapporti reali con i corpi, al quarto coloro i quali si eccitano toccando un cadavere, e all’ultimo chi ha rapporti sessuali esclusivamente con i morti.

Rossman e Resnick (1989) sostengono che i necrofili cercano la loro versione dell’amore nei cadaveri perché hanno paura del rifiuto: essi hanno evidenziato che il motivo più comune dei veri necrofili è possedere un partner che non resista e non rifiuti.
Come per tutte le parafilie, esiste una via di trattamento anche per la necrofilia: è importante che l’individuo venga valutato per la psicopatologia associata e trattato di conseguenza. Inoltre, è essenziale che il trattamento si basi su diverse modalità d’intervento integrate come la psicoterapia, la terapia farmacologica che riduce l’impulso sessuale, supporto per potenziare la sfera sociale e sessuale.

 

Tutor: Maurizio Leuzzi
Tirocinante: Emiliano Fiocchetto

 

Bibliografia:

AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION, (2013), “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders”, Fifth Edition (DSM-5), APA, Washington.

Anil Aggrawal, Necrophilia, Editor(s): Jason Payne-James, Roger W. Byard, Encyclopedia of Forensic and Legal Medicine (Second Edition), Elsevier, 2016, Pages 583-587.

Kumar, P., Rathee, S., & Gupta, R. (2019). Necrophilia: An Understanding. International Journal of Indian Psychȯlogy, 7(2), 607-616.

Rosman, J. P., & Resnick, P. J. (1989). Sexual attraction to corpses: A psychiatric review of necrophilia. Journal of the American Academy of Psychiatry and the Law Online, 17(2), 153-163.

 

Sitografia:

https://www.gutenberg.org/ebooks/2707

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