Diretto da Lukas Dhont, “Girl” racconta la storia intensa e commovente di Lara (interpretata da Victor Polster), un’adolescente che sogna di diventare una ballerina professionista mentre affronta la transizione di genere. Il film esplora con grande profondità la relazione tra corpo, mente e identità, offrendo un ritratto toccante di resilienza e vulnerabilità.
Il fulcro del film è il complesso rapporto di Lara con il proprio corpo, vissuto come un limite fisico e simbolico nella sua ricerca di autenticità. La disforia di genere viene rappresentata in modo intimo, concentrandosi sul conflitto interiore che deriva dalla discrepanza tra il corpo biologico e l’identità percepita.
Secondo il DSM-5-TR, la disforia di genere è definita come una marcata incongruenza tra il genere esperito/espresso e il genere assegnato, che persiste per almeno sei mesi e si associa a un significativo disagio o compromissione in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti della vita. I criteri diagnostici includono, tra gli altri, un desiderio intenso di essere trattato come il genere esperito e la convinzione di possedere sentimenti e reazioni tipici di tale genere.
Lara, pur determinata a realizzare i suoi sogni e a completare la transizione, si trova intrappolata in una dolorosa attesa, cioè che il tempo biologico del cambiamento non è sincronizzato con il suo desiderio di essere vista e accettata per ciò che sente di essere. Dal punto di vista psicologico, il film approfondisce le tensioni emotive che caratterizzano il percorso di Lara. La protagonista vive una costante lotta tra il desiderio di affermazione e il peso delle aspettative sociali e personali. La danza classica, con la sua rigida disciplina e il suo ideale di perfezione fisica, amplifica questa tensione portando il corpo a diventare il campo di battaglia in cui si confrontano il desiderio di appartenenza e l’autodeterminazione.
Tra i momenti più significativi del film, spicca la scena in cui Lara, sopraffatta dall’impazienza di completare la transizione e diventare “una ragazza a tutti gli effetti”, si confida con il padre. In questa conversazione, il padre le dice con dolcezza che anche lui non è “nato uomo” ma lo è diventato con il tempo, sottolineando come il percorso di crescita e trasformazione richieda pazienza e accettazione dei propri tempi. Questo dialogo, semplice ma carico di significato, rappresenta un momento di profonda connessione tra i due e offre a Lara una prospettiva che, pur non eliminando il suo dolore, le permette di riflettere sul valore del viaggio che sta affrontando. La frase del padre sottolinea anche l’universalità del processo di crescita, ricordando che tutti, indipendentemente dal genere, devono affrontare un percorso per diventare ciò che desiderano essere.
Un tema centrale del film è il modo in cui Lara affronta il dolore, sia fisico che psicologico. La spinta verso l’autorealizzazione si mescola a un processo di autodistruzione, evidente nelle sequenze in cui la protagonista sottopone il proprio corpo a prove estenuanti, fino a sfiorare il limite. Questo conflitto, tra la pulsione creativa di costruire una nuova identità e il rischio di perdersi lungo il cammino, è rappresentato con straordinaria sensibilità.
Le relazioni che circondano Lara sono altrettanto significative. Il padre, figura amorevole e di sostegno, incarna una stabilità necessaria, ma anche una pressione implicita: Lara avverte il bisogno di dimostrarsi forte e capace, anche a costo di nascondere il proprio dolore. Gli insegnanti di danza, con il loro sguardo critico e spesso implacabile, rappresentano invece l’ambivalenza del giudizio sociale: mentre riconoscono il talento di Lara, contribuiscono a farle percepire il proprio corpo come inadeguato rispetto agli standard richiesti.
Un altro elemento psicologico cruciale è il tema dell’isolamento; infatti, nonostante il supporto del padre e delle figure professionali, Lara è intrappolata in una solitudine profonda. La difficoltà nel condividere i propri sentimenti più intimi riflette un bisogno di proteggere il proprio spazio emotivo, ma allo stesso tempo amplifica il senso di alienazione. Lara è un personaggio che incarna la complessità dell’identità umana, mostrando come il percorso verso l’accettazione di sé possa essere tanto doloroso quanto liberatorio.
La scena finale del film, in cui Lara compie l’atto autolesionistico, rappresenta un culmine doloroso del conflitto interiore che ha animato il suo percorso. Nonostante il supporto della famiglia e la comprensione dimostrata, specialmente dal padre, Lara rimane intrappolata in una percezione distorta del proprio corpo, alimentata da un dismorfismo corporeo che amplifica il divario tra il suo aspetto fisico e l’identità che sente di possedere.
Il dismorfismo corporeo, come definito nel DSM-5-TR, è un disturbo caratterizzato da una preoccupazione eccessiva per difetti percepiti nell’aspetto fisico, spesso invisibili o minimali agli occhi degli altri. Questa condizione si manifesta con un significativo disagio psicologico e compromissione nella vita quotidiana. Per Lara, il suo corpo diventa non solo un ostacolo fisico ma anche un simbolo tangibile del suo senso di inadeguatezza, che nemmeno l’amore della sua famiglia riesce a lenire.
Nella scena cruciale, il dolore psicologico di Lara raggiunge un punto di non ritorno, portandola a un atto estremo contro il proprio corpo. Il gesto non è solo un’espressione di disperazione, ma anche un tentativo di esercitare controllo su ciò che percepisce come un tradimento del suo corpo rispetto alla sua identità. È una scena di struggente intensità, che il regista rappresenta con una sensibilità dolorosa, evitando di spettacolarizzare il momento e ponendo invece l’accento sulla devastazione emotiva di Lara.
Questa scena serve anche a mettere in evidenza il conflitto tra il desiderio di Lara di essere vista per ciò che sente di essere e la realtà biologica che la obbliga a un’attesa insopportabile. La tensione tra il tempo interiore di Lara e il tempo esteriore imposto dalla transizione fisica diventa insostenibile. Nonostante le rassicurazioni del padre, che cerca di offrirle una prospettiva di pazienza e speranza, Lara si sente sola nel suo dolore, incapace di condividere completamente il peso del suo conflitto interiore.
La narrazione sottolinea che il dolore di Lara non nasce solo dalla disforia di genere, ma anche dalle aspettative sociali e dagli standard rigidi imposti dal mondo che la circonda. La danza classica, con le sue richieste di perfezione e controllo, diventa il palcoscenico in cui si materializza la lotta tra ciò che Lara desidera essere e ciò che teme di non poter mai diventare. La scena conclusiva di Girl non propone, quindi, risposte definitive, ma invita il pubblico a riflettere intensamente sulla complessità del legame tra corpo e identità. Lara incarna un emblema profondo della fragilità umana, rivelando come il cammino verso l’autoaccettazione possa essere segnato da sofferenza, ma anche da straordinari atti di forza interiore.
BIBLIOGRAFIA:
American Psychiatric Association. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. 5th ed., text rev., American Psychiatric Publishing, 2022.



