Lars e una ragazza tutta sua è una commedia del 2007 diretta da Craige Gillespie, che racconta la storia di Lars, un ragazzo timido e introverso che costruisce una relazione affettiva con una bambola dalle dimensioni umane, di nome Bianca.
Lars appare inesperto, ingenuo e a tratti puerile, sia nelle relazioni interpersonali che nella propria consapevolezza e ciò è immediatamente percepibile nel suo rapporto con la bambola (con la quale instaura una relazione amorosa completamente asessualizzata) e dall’utilizzo ripetuto della coperta della madre (morta durante il parto): entrambi assumono la funzione di oggetto transizionale.
Donald Winnicott fu il primo ad introdurre il concetto di “oggetto transizionale” intendendolo come un oggetto che appartiene all’ambiente del bambino e che acquisisce una connotazione speciale, in quanto gli permette di affrontare la sua relazione di dipendenza dalla madre, aiutandolo a gestire la frustrazione dovuta alla separazione (riesce a sentirla vicina anche se fisicamente distante). Esso svolge dunque le funzioni di sicurezza, conforto e continuità affettiva, garantendo l’accettazione e l’acquisizione del distacco dalla figura di riferimento (importante ricordare che in questa fase dello sviluppo il bambino non ha ancora piena consapevolezza della differenza tra la realtà interna ed esterna).
La bambola, infatti, funge da ponte tra il suo mondo interiore e quello esteriore, permettendogli di esplorare l’affettività in un ambiente sicuro; riconoscendo in essa un rifugio per affrontare il mondo da cui si isola e da cui teme di esserne sopraffatto.
La bambola, inoltre, permette a Lars l’elaborazione del lutto materno mai affrontato; nello specifico l’angoscia d’abbandono ad esso conseguente.
Di scena in scena, è possibile vedere l’elaborazione di questo trauma, accompagnata da una crescente ma implicita presa di consapevolezza che lo conduce fino alla morte di Bianca, che simboleggia la fine, il superamento di quell’afflizione che lo aveva portato, per lungo tempo, ad utilizzare la fantasia come meccanismo di difesa.
La Gestalt definirebbe l’utilizzo che Lars fa della bambola <<adattamento creativo>> ossia il risultato della spontanea forza di sopravvivenza che consente all’individuo di differenziarsi dal contesto sociale, ma anche di esserne pienamente e significativamente parte. L’adattamento creativo soddisfa il bisogno dell’organismo di trovare una risposta, cosicché l’ambiente diventa una nuova soluzione, una nuova configurazione derivata da un’ integrazione a partire dai dati disponibili. Pertanto, adattamento e creazione appaiono come due poli complementari di uno stesso processo: ciascuno è necessario all’altro per mantenere un equilibrio sano e dinamico, proprio come Bianca che consente a Lars di affrontare e modificare il suo mondo interiore.
A partecipare al graduale percorso di crescita e cambiamento di Lars è anche il supporto della comunità in cui vive.
Inizialmente, la reazione delle persone a lui vicine è discordante: la cognata asseconda Lars sin da subito, accogliendo Bianca a casa, mostrandosi interessata, talvolta, sfruttando quell’occasione per coinvolgerlo, dato che, fino a quel momento, aveva sempre avuto un atteggiamento evitante. Al contrario, il fratello temendo per la salute mentale di Lars è inizialmente riluttante ad assecondarlo, infatti, in un primo momento, in preda alla razionalità cerca di convincere Lars della sua visione del mondo, talvolta in maniera brutale, affermando che Bianca è “solo” una bambola e non esiste. Successivamente, anche grazie al supporto della psicologa, accetta di stare al gioco, di sostenerlo e seguire il comportamento della moglie.
La comunità, invece, appare quasi surrealmente approvante: tutti sostengono Lars, accogliendo Bianca alle feste e coinvolgendola attivamente, accettando, quindi, il suo mondo interiore e stando al “gioco”. E’ proprio qui che si può collocare la funzione terapeutica della comunità: Lars, prima dell’arrivo di Bianca, era riluttante ai rapporti sociali, era chiuso nel suo mondo fatto di solitudine e timori. Dal quel momento in poi, invece, si può notare la graduale riconnessione con il mondo esterno e con la socialità, che si avvia verso la riorganizzazione con la malattia di Bianca e con la sua morte, per poi culminare nel genuino interesse che Lars inizia a manifestare per Margot, una ragazza reale.
Pertanto, questo film fà luce su una questione fondamentale: il ruolo del sostegno sociale, della rete di supporto, che, in questo caso, funge da fattore terapeutico. Per “sostegno sociale” si intende il supporto che si riceve all’interno della propria rete sociale e che promuove il benessere psicologico; il termine “rete sociale” è invece una metafora utilizzata nella psicologia di comunità per descrivere la struttura delle relazioni interpersonali che caratterizza la nostra vita quotidiana, comprendente le relazioni significative e la configurazione degli scambi comunicativi. In generale, il sostegno sociale può avere due effetti: uno primario, che dura tutta la vita e uno tampone che si interpone tra l’evento stressante e la reazione fisiologica che lo segue, proprio per minimizzarne o ridurne gli effetti. Nel caso di Lars, invece, si tratta di un vero e proprio supporto emotivo e strumentale di tipo terapeutico, volto ad integrare le sue esperienze traumatiche, ridurre il senso di isolamento e offrire un ambiente sicuro in cui sperimentare nuove modalità relazionali senza paura del rifiuto, come se fosse una terapia collettiva.
Inoltre, è opportuno riconoscere l’ottima rappresentazione che viene fatta della psicologa: coerente, reale e soprattutto che svolge il suo lavoro in modo adeguato e funzionale; senza il suo intervento il percorso di crescita di Lars non sarebbe stato possibile, anche perché la comunità non avrebbe reagito nel modo in cui si è visto.
Per concludere, rispetto all’ipotesi che potrebbe sorgere nell’osservare il personaggio di Lars, ossia se si tratta di una persona psicotica o se in preda a delle allucinazioni/deliri, la risposta è no: Lars è in buona parte consapevole che Bianca è una bambola, solo che vuole credere sia reale per soddisfare un bisogno emotivo; la utilizza come difesa che poi, gradualmente, diventa mezzo per riappropriarsi di quella realtà esterna che tanto temeva e da cui si isolava.
Bibliografia:
-D. Francescato, M. Tomai., Manuale di psicologia di comunità. teorie, metodi, esperienze per il benessere delle società contemporanee. (Dic.2023). Carocci editore
-G. Giustino., L’oggetto transizionale. Società psicoanalitica italiana https://www.spiweb.it/la-ricerca/ricerca/oggetto-transizionale/
-A. Balestrieri., Oggetto transizionale e ansia di abbandono: dall’infanzia all’età adulta. (Apr. 2019) https://www.stateofmind.it/2019/04/oggetto-transizionale-eta-adulta/
-Istituto di Gestalt, Definizione di: Adattamento creativo https://www.gestalt.it/definizione-adattamento-creativo-psicoterapia-psicologia-gestalt/