Quando il comportamento sessuale diventa crimine

La sessualità umana è multisistemica e multifattoriale. Le sue finalità possono essere ricreative, strumentali, affettive e procreative. Esprimere positivamente la propria sessualità significa agirla consapevolmente attraverso le sue tre dimensioni dell’identità sessuale (identità di genere, identità di ruolo ed orientamento sessuale), delle fasi della risposta sessuale (desiderio, eccitazione, plateau, orgasmo e risoluzione) e della relazione di coppia. Attraverso l’interazione con l’altro, possono essere agiti specifici bisogni relazionali: bisogno di intimità fisica ed emotiva, volontà inconsce di raggiungere propri vantaggi emotivi, ad esempio la volontà di confermare la propria identità o di affermare il proprio potere. Ed ancora, viene manifestata attrazione, seduzione, scambio di piacere erotico, desiderio, affetto, amore. Esistono situazioni in cui, invece, la sessualità e la relazione di coppia possono essere esperite negativamente, attraverso manifestazioni di violenza, odio, distruttività, prevaricazione e sadismo sino a costituire condotte penalmente e umanamente punibili.

Il fenomeno della violenza sessuale è sempre attuale ed è in continua crescita ed evoluzione, a causa dell’aumento dell’utilizzo di internet e delle nuove tecnologie da parte degli adolescenti, certamente più vulnerabili e poco informati sui pericoli della rete.

È importante, inoltre, sottolineare che alla base di qualsiasi forma di violenza sussiste una violenza di tipo psicologico. La violenza sessuale (così come tutte le forme di violenza fisica, verbale, abuso, maltrattamento) rappresenta un atto di potere, di sopraffazione e di controllo da parte dell’offender nei confronti dell’altro, che ne diventa vittima poiché non può esprimere il proprio consenso e la propria partecipazione consapevole e volontaria all’atto. Attraverso atti di prevaricazione e minacce implicite o esplicite, la vittima è costretta a subire, compiere o assistere a comportamenti sessuali, subendo, conseguentemente, traumi e danni alla propria sfera psichica, sessuale e fisica.

Nello specifico possiamo distinguere lo stupro dall’abuso sessuale e dalla pedofilia.

Nel primo caso si fa’ riferimento ad un atto sessuale tentato o completo, con penetrazione della bocca, della vagina e dell’ano mediante il pene, le dita, la mano o altri oggetti. Non vi è consenso e volontà da parte della vittima. In altri casi, il consenso viene estorto mediante minacce, ricatti, manipolazioni, sopraffazioni oppure rendendo incosciente la vittima (alcool, droghe).

Nell’abuso sessuale vi è un abuso di potere, di autorità e di fiducia nella relazione intima tra l’offender e la vittima, che può essere di ogni genere ed età. In particolare, l’abuso sessuale perpetrato nei confronti di un minore riguarda il coinvolgimento degli stessi, dipendenti ed immaturi, in attività di natura sessuale senza alcuna consapevolezza e possibilità di scelta. Il rapporto penetrativo non è essenziale in tale forma di abuso. Spesso si verificano toccamenti, molestie, atteggiamenti voyeuristici ed esibizionistici, l’assistere a rapporti sessuali tra adulti o alla visione di materiale pornografico, l’incoraggiare ad intraprendere attività sessuali e di prostituzione.

Non tutti gli offenders sessuali di minori agiscono perché spinti da una tendenza pedofilica o ad un vero e proprio disturbo parafilico. Pertanto, non tutti i comportamenti pedofilici sono posti in essere da pedofili. Questo è essenziale per porre una distinzione tra i due atteggiamenti. La pedofilia (dal greco pais/paidos = bambino e philia = amore, affetto) letteralmente indica una tendenza particolare di affetto ed amore nei confronti di soggetti prepuberi.

  1. Von Krafft-Ebing, medico e neurologo della fine del XIX secolo, pioniere nello studio delle perversioni dal punto di vista scientifico, parlava di soggetti con una inclinazione erotica per l’infanzia. Viene indicata nel DSM-5 nell’elenco delle parafilie, ovvero un disturbo della preferenza sessuale avente per oggetto soggetti prepuberi (neonati e bambini, non maturi sessualmente) da parte di un individuo giunto alla maturità genitale. Dunque, la pedofilia può rimanere una fantasia e/o preferenza erotica così come concretizzarsi in comportamenti compresi nel più ampio quadro di violenza sessuale.

Ad oggi, spesso risulta complesso intervenire preventivamente sia perché sussiste ancora un’elevata percentuale di numero oscuro, ossia reati di violenza sessuale non denunciati o non riconosciuti, sia perché vengono utilizzate nuove modalità di azione e nuove tecnologie attraverso il web, che diventa un terreno fertile per i nuovi reati sessuali quali: pedofilia online, grooming (adescamento online), sextortion (estorsione sessuale tramite il web) e sexting (invio e ricezione di sms, mms, mail con contenuto sessuale implicito o esplicito).

Proviamo ora a stilare il profilo di un soggetto violento sessualmente e a capire il ruolo e le modalità attraverso cui viene esperita la sessualità nella condotta criminosa.

Gli studi internazionali di Abel e Rouleau (1990) hanno individuato soggetti in prevalenza di sesso maschile, di età compresa dai 13 ai 76 anni. La maggior parte agisce tra i 30 e i 59 anni ed è convivente o è stata sposata e solitamente ha un livello di scolarità discreto. È un fenomeno trasversale, poiché riguarda tutte la fasce socio-economiche.

È importante considerare che quasi mai il comportamento sessuale violento è consequenziale ad un disturbo psicotico. La maggior parte delle volte siamo in presenza di disturbi psicopatologici di personalità, accomunati dalla incapacità ad intrattenere una relazione empatica e reciproca con l’altro. Nel disturbo narcisistico di personalità, l’offender vede l’altro come un oggetto d’amore da usare per proprio piacere, e attraverso cui colmare il suo senso di solitudine e fallimento permettere il mantenimento del suo sé grandioso ed onnipotente. Essendo incapace di intrattenere una relazione adulta matura, lo stupratore assume un atteggiamento predatorio pregenitale attraverso il quale disprezza l’altro, facendogli del male, nel momento in cui manifesta le sue esigenze e richieste di reciprocità. Può ripetere queste modalità di azione in modo seriale nei confronti di più vittime, scelte adeguatamente, arrivando in taluni casi a procurare la morte delle stesse, poiché non più utili.

Simile modus operandi è tipico della personalità con disturbo antisociale, caratterizzata da un’incapacità a provare senso di colpa e pertanto propensa ad attuare con meticolosità ed ingegno l’azione sessuale criminale. Infatti per gli investigatori questi soggetti sono quelli più difficili da individuare. Gli offenders con personalità borderline, invece, attuano tali azioni se soggetti ad una intensa sollecitazione emotiva e, comunque istintivamente, poiché presentano deficit nel controllo degli impulsi.

Infine, ci sono i soggetti con personalità dipendente, tipica degli stalkers, che intrattengono o intendono instaurare/recuperare relazioni intime di dipendenza, intrusività ed invadenza persistente nei confronti del partner, non essendo capaci di rispettare gli spazi e le esigenze individuali, per timore di riprovare il trauma dell’abbandono. Nel momento in cui vengono “abbandonati”, pongono in essere atteggiamenti persecutori e di vendetta, che non pongono fine al conflitto interiore, aumentando la dipendenza con il partner e questo circolo vizioso di distruttività ed autodistruzione.

Attualmente, seguendo un’ottica preventiva e di azione trattamentale, i clinici hanno approvato l’approccio della “sexual preference”, secondo cui coloro che pongono in essere tali azioni, sessualmente violente, sono guidati da una preferenza sessuale deviante (nel caso specifico dei pedofili) o da volontà di interazione aggressiva (nel caso dei violentatori e stupratori), che poggia sul concetto di mancato controllo della ricezione dello stimolo di eccitamento sessuale, il quale, una volta riconosciuto, determina il comportamento sessuale specifico. Ad oggi, la sexual preference è ritenuta un tratto relativamente stabile nell’individuo sessualmente violento e con interessi devianti. A tal proposito, studi effettuati da Abel (1987) hanno evidenziato che la maggior parte degli offender ha sviluppato precocemente interessi devianti e atti sessualmente devianti (pedofilia, voyerismo, esibizionismo, violenza carnale) nel 53% dei casi prima della maggiore età. In più casi questi interessi parafilici sono stati molteplici. Alcuni individui hanno palesato almeno una decina di categorie di interessi sessuali parafilici durante il corso della loro vita. È importante, comunque, specificare che non bisogna necessariamente attribuire la causa dei comportamenti illeciti e sessualmente violenti alla costante presenza di componenti patologiche o esclusivamente parafiliche. Spesso sono soggetti accomunati da un passato di traumi e maltrattamenti infantili, nei quali l’atto sessuale violento è un tentativo di rivendicazione contro l’immagine materna negativa. Nei loro racconti si evidenzia spesso questa volontà di rivalsa per un trauma subito e l’attuazione di un comportamento di odio erotizzato. Vi è la volontà di umiliare e di annientare l’altro attraverso il sesso. L’apice del godimento è nel controllo dell’altro, nel controllo del suo corpo, dei suoi sentimenti e della sua vita. La vita dell’altro è nelle mani dell’offender. Violentando sadicamente, ottiene una sorta di “anestesia morale” e la vittima non viene riconosciuta, ma annullata come persona, per proiettare aggressivamente sulla stessa l’immagine del nemico. E’ essenziale un’attenta analisi del fenomeno, che è in continua espansione ed è sempre più complicato riconoscerlo, sia a causa delle moderne tecnologie e della possibilità di disporre di ampio materiale privato sulla rete, sia a causa dello specifico rapporto che può intercorrere tra la vittima e l’autore del reato. Molto spesso vi è l’attuazione di giochi perversi tra una vittima masochista e l’aggressore sadico, i quali possono condividere un passato di maltrattamenti infantili.

La vittima, dunque, può colludere con l’aggressore perseverando in un comportamento passivo, del quale ha dimestichezza, ritenendolo normale ed assumendo più o meno inconsapevolmente il ruolo di oggetto sessualmente violabile. È importante la conoscenza per attuare il primo ed indispensabile programma trattamentale sia nei confronti dell’aggressore che della vittima, ovvero la prevenzione.

Ad oggi, i programmi utilizzati nel trattamento e nel recupero degli offender, possono seguire svariati approcci: cognitivo-comportamentale, approccio strategico, terapia familiare, terapia analitica e psicodinamica. Nel lavoro con i detenuti sex offenders vengono utilizzate altresì terapie di gruppo, il cui scopo principale è basato sul prevenire la recidiva. Si lavora sulla presa di coscienza delle proprie difficoltà e dei propri limiti; sulla presa di coscienza dell’atto illecito commesso e sull’individuazione delle fantasie sessuali devianti, oltre che dei fattori che sono stati determinanti nell’attuazione della violenza sessuale. Vengono elaborate strategie di coping utili per gestire ed affrontare al meglio situazioni stressanti. Altrettanto utili sono lavori di ordine cognitivo-comportamentale sulle distorsioni cognitive ed affettive, che hanno concorso alla determinazione di specifici pensieri, emozioni ed azioni nei confronti della vittima e, non per ultimo, indispensabile l’acquisizione e/o il rinforzo delle capacità empatiche e di ascolto.

 

Tirocinante: Antonella Lolaico

Tutor: Fabiana Salucci

 

BIBLIOGRAFIA

American PsychiatricAssociation (2013) DSM 5- Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi

Mentali, Raffaello Cortina, Milano.

Giulini P., Xella A. M. (2011) Buttare la chiave? La sfida del trattamento per gli autori di reati

sessuali, Raffaello Cortina Editore, Milano.

Montecchi F. (1994) Gli abusi all’infanzia, La Nuova Italia Scientifica, Roma.

Von Krafft-Ebing R.F. (2011) Psychopatia sexualis II, PGRECO Edizioni, Milano.

 

SITOGRAFIA

it.wikipedia.org

www.corriere.it

www.stateofmind.it

 

Condividi

Lascia un commento